Donne nel mondo del tè: 4 esempi da non perdere

Donne e tè. Un binomio storicamente imprescindibile anche se spesso non ce ne rendiamo conto. Pensate, per esempio, alla nascita dell’afternoon tea inglese o della banale bustina di tè (almeno secondo una delle teorie). ma c’è molto altro ancora e non solo andando indietro nel tempo…

La “parte umana” del tè

Come consumatori, vediamo spesso solo una piccola parte di tutto quello che è il processo produttivo di una tisana o di un tè. Ma prima di arrivare al negozio che vende il prodotto finito e confezionato, quelle foglie hanno vissuto tante storie e tante trasformazioni, dalla raccolta alla lavorazione, fino al trasporto e al commercio al dettaglio.

Ci si fanno spesso troppe poche domande a riguardo e, quando ciò accade, i dubbi sono più focalizzati – comprensibilmente – sulla sicurezza alimentare: il tè è certificato come prodotto biologico? È stato coltivato senza l’uso di pesticidi? Meno attenzione si presta però alla “parte umana”: chi sono quelle lavoratrici e quei lavoratori che hanno reso possibile per noi avere quelle belle foglie in tazza, pronte a essere infuse? Come sono le loro condizioni lavorative? Sappiamo per certo che non c’è stato alcuno sfruttamento, nessuna violenza sui luoghi di lavoro? Restringendo ancora il campo, c’è una categoria in particolare che resta la più colpita dalle ingiustizie lavorative: quella delle donne. Ma quindi, come essere sicuri che il tè che si compra è “etico”?

A tal proposito, oggi mi piacerebbe introdurvi una realtà nata da poco all’interno del panorama del tè in Italia. Si chiama identiTEA e non è solo un e-commerce di tè: è un progetto che vuole promuovere le produzioni etiche e dare per quanto possibile un contributo a realtà di giustizia sociale, ambientale e di genere. Ecco perché i co-founders, Sara Bertoncini, Valentina Baldon e Davide Faccioli, all’interno della loro selezione hanno deciso di includere alcune delle produzioni di cui vi parlerò in questo articolo: progetti che si occupano di sostegno alle donne o realizzati da donne.

Donne e tè: storie di disuguaglianze

Le donne svolgono un ruolo cruciale nella produzione del tè in foglia: costituiscono una gran parte della forza lavoro nelle piantagioni, specialmente nelle regioni dove la coltivazione di questa pianta è una delle principali fonti di reddito. Tuttavia, il settore del tè è spesso segnato da condizioni di lavoro difficili e disuguaglianze di genere. Le donne sono infatti principalmente impiegate nelle attività più laboriose, come la raccolta manuale delle foglie di tè, che richiede precisione e cura. Devono inoltre affrontare discriminazioni, come salari inferiori rispetto ai colleghi maschi, limitato accesso a posizioni di leadership, per non parlare di violenze sessuali, verbali e fisiche sul luogo di lavoro.

Qui è dove entrano in gioco le pratiche fairtrade, che mirano a migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle persone coinvolte nella produzione, con un’attenzione particolare alle donne e all’empowerment femminile. Vediamo alcuni esempi in cui donne e tè vivono esperienze positive e degne di nota.

Fairtrade Premium Projects – India

In un settore dove le donne sono impiegate soprattutto nelle attività di produzione e raccolta, mentre gli uomini rivestono ruoli nei processi di produzione e di controllo, ci sono progetti che mirano a scardinare questo assetto. I Faitrade Premium Projects di alcuni giardini indiani come Dunsandle, Welbeck e United Nilgiri valorizzano il ruolo delle donne, riservando loro ruoli di supervisione e aiutandole con iniziative che le alleggeriscono nella gestione della vita domestica quotidiana, come la donazione di frigoriferi e altri elettrodomestici indispensabili.

Sono state anche sviluppate importanti policies di protezione dalle molestie sessuali sul lavoro, tristemente frequenti e quasi mai denunciate.

Jun Chiyabari Estate – Nepal

Il giardino di Jun Chiyabari, nato nel 2000 nella regione dell’Ilam in Nepal, è uno dei primissimi esempi di estates che hanno realizzato programmi e iniziative sociali soprattutto a favore delle donne. Questo giardino a gestione familiare dà lavoro a oltre 200 persone, per la maggior parte figure femminili, in zone povere e rurali del Nepal. A Jun Chiyabari ci sono programmi di diverso tipo, ma si punta soprattutto ad aiuti scolastici per istituti locali, in termini di materiale (libri, computer) e di contributi salariali per i docenti. Importantissimo, in particolare il supporto alle bambine di famiglie particolarmente povere che non hanno spesso i mezzi economici per mandarle a scuola.

Le tecniche di lavorazione e la qualità del tè coltivato hanno permesso di ottenere prodotti meravigliosi, come il White Jun Chiyabari bio, un tè bianco dolce e floreale, che presenta le note distintive del terroir nepalese.

Foto @junchiyabari da instagram

Five Trees Estate – Birmania

C’è un posto speciale in Birmania, dove il tè cresce in un ambiente ricco di biodiversità, all’ombra di alberi di banyan e circondato da una rigogliosa vegetazione. Una produzione biologica, senza pesticidi, esclusivamente a mano e limitata (considerate che non si va oltre i 25 kg di tè all’anno).

Questo piccolo gioiello a conduzione familiare è il Five Trees Estate. Si trova presso Mogok, cittadina nell’area centro-settentrionale della Birmania, e deve il suo nome ai cinque alberi centenari che accolgono i visitatori al suo ingresso. Perché ve ne parliamo? Perché il Five Trees Estate esiste e prospera grazie a due figure femminili.

Facciamo un passo indietro: la storia di questo tè inizia per la verità nel Regno Unito, dove Phyu Thwe lavora come contabile. Ma questo non le basta: Phyu vorrebbe aiutare la sua comunità rimasta in Myanmar, dare un’opportunità a quella zona potenzialmente ricchissima, riprendendo in mano un’area di svariati ettari appartenente alla sua famiglia. Così decide di lasciare Londra e di tornare alle origini, creando a Mogok una microazienda e dando una spinta alla piccola coltivazione familiare nel rispetto dell’ambiente e delle persone che ci lavorano. Quei terreni, infatti, sarebbero stati occupati altrimenti da miniere. Attività redditizia, ma certamente di terribile impatto ambientale. Con l’acquisizione di nuovi ettari e l’introduzione di un know-how maggiore, che ha permesso di migliorare le tecniche di lavorazione e di affiancare alla produzione di tè verde anche quella di tè bianco e tè rosso, Phyu ha senza dubbio risollevato le sorti di quella zona.

E chi è l’altra donna coinvolta nella storia del Five Trees Estate? Colei che aveva fondato quel giardino anni prima: la madre di Phyu, la quale, dopo aver raccolto la legna, era solita riposarsi proprio sotto quei cinque alberi secolari.

Alstar Limited – Kenya

Non tutti sanno che il Kenya è il terzo produttore di tè al mondo e che oltre la metà di quel tè viene da piccoli produttori, prevalentemente donne (circa il 70%). Ed è nella capitale, Nairobi, che nel 2008 nasce Alstar Limited: un’azienda attenta alla parità di genere con molte donne in posizioni manageriali.

Per garantire giusti compensi e potenziare le pratiche di Fairtrade nel settore del tè, Alstar ha messo in campo programmi di training e consulenza che puntano proprio a formare tutte le figure coinvolte in questa industria, dai piccoli produttori fino ai buyers finali.

Piccoli grandi gesti per le donne e il tè

Tutti i giorni (e non solo l’8 marzo) si dovrebbero celebrare i diritti delle donne: c’è sicuramente ancora tanta strada da fare, ma anchei piccoli gesti possono avere un bell’impatto.

Scegliendo di acquistare tramite identiTEA, potrai sostenere realtà come Five Trees Estate e Jun Chiyabari, aiutandole a crescere e permettendo loro di continuare a produrre nel rispetto dell’ambiente e delle persone. Il tuo tè avrà certamente un sapore migliore!

 

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Foto di Alejandro Rugama su Unsplash

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