La storia della bustina di tè è affascinante quanto, per certi versi, inaspettata. Quando è nato e chi è stato a inventare questo pratico sacchettino per la preparazione della nostra bevanda preferita? Due sono le tesi più diffuse. Scopriamole insieme…
Il brevetto di Roberta e Mary
La prima tesi attribusce l’invenzione della bustina da tè a due americane del Wisconsin, Roberta C. Lawson e Mary Molaren. Infatti, queste donne di Milwaukee furono le prime a depositare la domanda per il brevetto sull’invenzione della bustina di tè in data 26 agosto 1901. La domanda fu ufficialmente approvata solo due anni dopo, il 24 marzo 1903.
Secondo la descrizione, si trattava di un contenitore in grado di tenere il quantitativo di foglie sufficiente a preparare una tazza di tè, evitando così sprechi. Un’intuizione tutta al femminile!
Potete vederne un’immagine e il brevetto qui
La bustina di Thomas Sullivan
Stando alla tradizione più accreditata, fu un commerciante di tè e caffè, il newyorkese Thomas Sullivan, a creare casualmente la bustina di tè agli inizi del Novecento.
In quel periodo iniziò infatti a inviare ai suoi clienti campioni di tè racchiusi in bustine di seta, cucite a mano. Secondo Sullivan dovevano essere dei semplici gadget, ma chi ricevette questi fagottini, senza avere indicazioni su come usarli, ben pensò di immergerli direttamente in acqua calda, creando così un nuovo e involontario modo di prepare il tè!
Dalla seta alla carta
Inizialmente, si trattò, come abbiamo detto, di un involucro di seta. In seguito, attorno agli anni Venti, si optò per un materiale più poroso e si passò quindi alla garza, tessuto che permetteva un’infusione più facile e intensa. Poi si passò alla carta.
Il prodotto fu ulteriormente perfezionato da un altro americano, William Hermanson: nel 1930 brevettò bustine sigillate a caldo. Già all’epoca la bustina di tè aveva una cordicella a una estremità per facilitarne l’immersione e perché potesse essere rimossa al momento giusto e con facilità.
Ben presto si pensò anche di ottimizzarne il confezionamento, cosicché nel 1929 in Germania fu inventata la prima macchina per impacchettare le bustine di tè opera dell’ingegnere Adolf Rambold per l’azienda tedesca Teekanne GmbH. Si chiamava Constanta. Inizialmente si trattava di bustine a doppia camera di carta, tenute insieme con della colla. Come raccontano Jane Pettigrew e Bruce Richardson nel libro A Social History of Tea, i consumatori non gradirono questo metodo perché la presenza della colla influenzava il sapore del tè. Così, negli anni Quaranta, l’azienda tedesca iniziò a sviluppare e poi a produrre un nuovo prodotto senza colle nè graffette.
Lo studio e il miglioramente delle bustine di tè è in continua evoluzione e forse non tutti sanno che anche l’Italia ha un ruolo importante in questa partita grazie all’azienda bolognese Ima, leader nella produzione di macchine per il confezionamento del tè.
Quale tè troviamo nelle bustine?
Una storia bellissima quella delle bustine di tè ma che ben presto evidenziò un problema: quante foglie di tè avrebbe potuto contenere una bustina di dimensioni così limitate? Poche, pochissime!
Ecco che l’industria trovò un nuovo sistema per la produzione in grandi quantità di piccole particelle di tè da inserire nelle bustine. Nel territorio dell’Assam, in India, vennero installate le prime macchine CTC, acronimo dell’inglese cut, tear and curl, ovvero uno strumento che taglia le foglie di tè grossolanamente, poi le sminuzza e infine le rulla. In questo modo si ottiene velocemente un tè dalla pezzatura piccola, che garantendo un’ampia superficie a contatto con l’acqua, permette di ottenere facilmente tè dal liquore intenso.
L’Assam è ancora oggi un grande centro di produzione di tè CTC, così come Kenya, Malawi, Uganda, Ruanda, Burundi e Tanzania.
Le sfide del futuro
Oggi troviamo sia bustine a doppia camera che tonde o a forma piramidale. Non solo. Iniziano a vedersi delle vere e proprie opere d’arte a forma di uccellini, di cuore o di pesciolino. A volte basta fare un giro su Instagram per scoprire tante carinissime novità.
E poi c’è l’attenzione crescente verso la sostenibilità con la ricerca di bustine biodegradabili, come, per esempio, sta facendo il colosso britannico PG Tips.
Altra sfida del futuro è puntare su bustine di tè di medio-alta qualità. Non solo per i materiali (come la seta o il cotone), ma anche per il fatto che contengono tè a foglia lunga. Ne aveva parlato anche Carlotta durante la sua visita a Host Milano 2017 qui
Certo, le bustine sono più grandi, più ingombranti se vogliamo, ma il prodotto che contengono è più ricercato e più interessante. Un tentativo di mettere insieme qualità e praticità, magari per un tè in ufficio o in vacanza.
Foto: ©Carlotta Mariani per Five 0' clock (settembre 2018)
Fonti: A social History of Tea di Jane Pettigrew e Bruce Richardson; www.telegraph.co.uk; www.tea.co.uk; www.innaturale.com; patents.google.com; www.teaperspective.com; www.time.com; www.cultura.biografieonline.it; www.goingnatural.it; www.theguardian.com