The o tè, come si scrive il nome della nostra bevanda preferita? Capita, a volte, di sedersi in una sala da thè e di consultare il menu per ordinare à la carte la varietà da degustare. Capita, sì. Ma è meglio se capitasse in un Paese francofono! Perché, in Italia, è meglio trovarsi in una sala da tè e non è detto che debbano essere per forza le “Five ‘o clock”… certe usanze lasciamole alla Queen!
Il nazionalismo che potrebbe trasparire da queste battute iniziali è più linguistico che di altro tipo. È bene, infatti, chiarire una volta per tutte che l’italiano beve solo tè.
Tè nero, tè verde, tè bianco, tè rosso (anche se il rooibos non è un tè),… ma sempre e solo TÈ. (Scopri tutti i tipi di tè qui)
Thè, the o tè: la parola agli esperti
In italiano la parola ha avuto diverse forme attestate dai dizionari (anche in quelli storici), proprio perché il termine tè è un forestierismo diffuso a livello nazionale e, come tale, può capitare sia che venga recepito dai parlanti nella forma originaria (molto spesso thè) sia che venga adattato alla struttura fonetica e morfologica della lingua d’arrivo (da qui, la forma tè).
Oggi la norma prevede che sia la forma tè a essere registrata a lemma. Che cosa significa? Che tè è la forma ufficiale sui dizionari. Ne danno conferma l’Accademia della Crusca e tutta la produzione lessicografica relativa: si vedano il dizionario Sabatini-Coletti (“tè meno frequente the”), il Garzanti (“tè”). Il Nuovo De Mauro fornisce anche un’interessante attestazione del termine tè risalente al 1606.
Il Vocabolario degli accademici della Crusca, nella sua 4° edizione (1729-1738), riporta invece la forma te, trascritta quindi come variante omografa del pronome di seconda persona (che tuttavia non richiede accentazione, ndr) e l’esempio che riporta è tratto dall’opera dell’accademico Francesco Redi, Annotazioni al Ditirambo: “Il te è una bevanda usitatissima […] e si compone col tenere infusa nell’acqua bollente una certa erba chiamata Te, ovvero Cià”.
Il Tommaseo-Bellini, nell’edizione online prodotta nel 2015 dall’Accademia della Crusca (si tratta di un apposito motore di ricerca realizzato dall’informatico Daniele Fusi), è tra i dizionari più tolleranti e riporta entrambe le grafie tè e thè, con accento grave nel secondo caso. Di simile indirizzo è il Devoto-Oli, ma senza accentazioni (“The, grafia meno corrente per Tè”).
Cosa dice infine l’Accademia della Crusca?
Tuttavia, il “setaccio” finale tocca sempre all’Accademia della Crusca: esiste un termine italiano, tè, che ha adattato il primogenito cinese t’e (di cui vi avevamo accennato qui) ed è preferibile a thè o the.
E allora, the o tè? Per noi, non hanno senso di sussistere le altre forme perché sarebbero soltanto una “scorretta” fusione tra italiano e grafie straniere. E il tè, cari lettori, non va fuso…ma infuso!
Nei commenti trovate un’interessante integrazione di Luca Xanadu.
Foto: Five O clock